Schema del modello Zero Trust con autenticazione, segmentazione di rete e accesso condizionato per la sicurezza informatica aziendale

Un esempio pratico di come il modello Zero Trust protegge l’infrastruttura IT aziendale, segmentando le risorse e controllando ogni accesso.


Gli attacchi informatici ai danni delle aziende sono in costante aumento, e le piccole e medie imprese (PMI) non fanno eccezione. Secondo il Rapporto Clusit 2025, quasi il 38% delle PMI italiane ha subìto almeno un attacco informatico nell’ultimo anno. Questo dato allarmante evidenzia quanto sia cruciale rafforzare la cybersicurezza anche nelle realtà più piccole. I metodi tradizionali di difesa – basati sulla sicurezza perimetrale, cioè sul presupposto che tutto ciò che è all’interno della rete aziendale sia affidabile – mostrano ormai i loro limiti. Con l’aumento del lavoro da remoto, del cloud e dei dispositivi mobili, il perimetro aziendale è diventato sfumato e gli aggressori riescono spesso a penetrare le difese tradizionali.

In questo scenario complesso si fa largo il modello di sicurezza Zero Trust, un approccio innovativo che rivoluziona la protezione informatica aziendale. Zero Trust significa letteralmente “zero fiducia”: in pratica non si considera affidabile nessun accesso a priori, nemmeno quello proveniente dall’interno. Ogni utente, dispositivo o applicazione deve sempre dimostrare la propria identità e autorizzazione per accedere alle risorse aziendali. Di seguito vedremo in termini semplici i principi base di Zero Trust, come si confronta con i vecchi approcci, quali benefici offre alle PMI e come iniziare ad adottarlo nella propria azienda.

Cos’è il modello Zero Trust?

Il modello Zero Trust si basa su alcuni principi chiave di sicurezza applicati in modo rigoroso e costante. Ecco i pilastri fondamentali spiegati in modo accessibile:

  • Mai fidarsi, verificare sempre: è il motto di Zero Trust. Significa che nessun utente o dispositivo viene mai considerato automaticamente attendibile. Ogni volta che qualcuno tenta di accedere a un sistema o dato aziendale, deve superare controlli di autenticazione e autorizzazione. Ad esempio, anche un dipendente già connesso alla rete interna dovrà autenticarsi di nuovo se prova ad accedere a un database sensibile.
  • Accesso con privilegi minimi: a ciascun dipendente o collaboratore vengono concessi solo i permessi strettamente necessari per svolgere il proprio lavoro (principio del least privilege). Così, anche se le credenziali di un utente vengono compromesse, un eventuale intruso potrà raggiungere solo una quantità limitata di informazioni. Questo riduce enormemente i danni potenziali.
  • Segmentazione della rete: il modello Zero Trust prevede di suddividere la rete aziendale in zone più piccole e isolate fra loro (a volte chiamate micro-perimetri). In questo modo, anche qualora un cybercriminale riesca a entrare in una parte della rete, non potrà facilmente spostarsi lateralmente verso altri sistemi critici. Ad esempio, il server amministrativo potrebbe essere isolato dalla rete degli uffici generici.
  • Monitoraggio continuo: diversamente dall’approccio tradizionale “installa e dimentica”, Zero Trust richiede un controllo costante dell’attività nella rete. Significa tenere d’occhio login, accessi anomali o movimenti sospetti in tempo reale, tramite strumenti di monitoraggio e allarmi. Un controllo continuo permette di reagire subito a comportamenti insoliti, bloccando sul nascere possibili intrusioni.

In sintesi, Zero Trust impone di verificare ogni accesso, limitare le autorizzazioni e controllare costantemente ciò che accade, così da creare un ambiente più sicuro e resiliente. Questo approccio cambia la mentalità tradizionale: non c’è più un “dentro” sicuro e un “fuori” pericoloso, ma ogni richiesta di accesso è trattata con la stessa attenzione alla sicurezza.

Sicurezza perimetrale vs Zero Trust

Per comprendere il valore di Zero Trust, è utile confrontarlo con la sicurezza perimetrale tradizionale su cui molte PMI hanno fatto affidamento finora. Nel modello classico, la protezione assomiglia a quella di un castello medievale: si costruisce un robusto muro di cinta (firewall, antivirus perimetrali, ecc.) intorno alla rete aziendale e si controllano bene le “porte” di ingresso. Chi riesce ad entrare è considerato sicuro e può muoversi liberamente all’interno del perimetro aziendale. Questo approccio funziona finché le minacce provengono tutte dall’esterno e il confine è chiaro.

Il problema è che oggi i confini digitali sono molto più aperti e fluidi. I dipendenti accedono ai sistemi aziendali da casa o da reti Wi-Fi pubbliche, le aziende utilizzano servizi cloud esterni e dispositivi personali (BYOD). Di conseguenza, un malintenzionato potrebbe infiltrarsi sfruttando un laptop aziendale infetto, le credenziali rubate di un dipendente o una vulnerabilità in un servizio cloud, ritrovandosi dentro la rete. Con la sicurezza perimetrale tradizionale, una volta oltrepassato il muro esterno l’attaccante ha “via libera” su molte risorse interne, perché si basava sulla fiducia implicita interna.

Zero Trust ribalta questo paradigma. Invece di concentrarsi solo sul perimetro, considera ogni rete e ogni dispositivo come potenzialmente non sicuro. Dove l’approccio tradizionale diceva “all’interno tutto è affidabile”, Zero Trust assume che una minaccia possa annidarsi ovunque. Pertanto, ogni accesso viene controllato rigorosamente, indipendentemente da dove proviene la richiesta (rete interna, esterna, utente remoto, ecc.). Ad esempio, sotto Zero Trust, un impiegato in ufficio ottiene l’accesso ai file solo dopo che il suo dispositivo e le sue credenziali sono state validate, proprio come farebbe se fosse fuori sede.

In sintesi, la sicurezza perimetrale tende a fidarsi dell’interno e creare barriere verso l’esterno, mentre Zero Trust non dà fiducia predefinita a nessuno: tutto il traffico è trattato come esterno. Questo approccio offre una difesa molto più efficace nell’era del cloud e del lavoro distribuito, perché limita i movimenti degli attaccanti e chiude le falle sfruttate dalle minacce moderne

I benefici pratici di Zero Trust per le PMI

Adottare il modello Zero Trust porta vantaggi tangibili alle piccole e medie imprese, migliorando la sicurezza senza richiedere risorse illimitate. Ecco alcuni benefici pratici da considerare:

  • Riduzione del rischio di violazioni: richiedendo autenticazioni forti (ad esempio con autenticazione multifattore, ossia l’uso di un codice di verifica oltre alla password) e applicando il minimo privilegio, Zero Trust rende molto più difficile per gli intrusi compromettere i sistemi. Anche se un hacker ottiene la password di un dipendente, non potrà accedere senza un secondo fattore e, anche nel peggiore dei casi, i suoi movimenti rimarranno circoscritti. Questo significa meno probabilità di subire furti di dati e, qualora avvenissero, danni limitati nell’impatto.
  • Protezione del lavoro remoto e del cloud: per le PMI che hanno adottato lo smart working o servizi cloud, Zero Trust offre una sicurezza omogenea ovunque. Ogni accesso remoto è controllato come se fosse locale, eliminando la differenza tra dentro e fuori l’ufficio. In pratica i dipendenti possono lavorare da casa o in viaggio con lo stesso livello di sicurezza, perché l’azienda verifica sempre identità, dispositivo e permessi. Questo aumenta la flessibilità senza esporre l’azienda a rischi aggiuntivi.
  • Maggiore visibilità e controllo: implementare Zero Trust spesso comporta introdurre strumenti che monitorano gli accessi e i dispositivi connessi alla rete. Di conseguenza, l’azienda ottiene una visione chiara di chi sta accedendo a cosa in ogni momento. Questa visibilità aiuta non solo a fermare gli attacchi, ma anche a identificare falle nelle politiche di sicurezza e a garantire la conformità normativa (ad esempio rispetto al GDPR per la protezione dei dati personali). Inoltre, controllando meglio gli accessi, si riducono gli errori umani e gli abusi, migliorando l’affidabilità operativa.
  • Limitazione della diffusione di attacchi: grazie alla segmentazione della rete e ai controlli puntuali, Zero Trust confina eventuali incidenti. Se un computer viene infettato da malware o ransomware, l’infezione rimane isolata e non si propaga all’intera rete aziendale. Ciò significa che un problema di sicurezza circoscritto non diventa un’emergenza generalizzata: le altre funzioni aziendali possono continuare a operare regolarmente mentre si risolve l’incidente. In altre parole, l’azienda diventa più resiliente e capace di assorbire gli shock informatici senza fermarsi.

In definitiva, per una PMI questi benefici si traducono in maggiore tranquillità e fiducia nel proprio sistema informativo. Zero Trust non è solo un concetto teorico da grandi imprese: è un insieme di pratiche che, una volta applicate, rafforzano davvero la sicurezza quotidiana dell’azienda, prevenendo incidenti costosi e proteggendo il valore costruito nel tempo.

Come implementare Zero Trust nella tua azienda

Passare a un modello Zero Trust potrebbe sembrare impegnativo, ma si può iniziare per gradi, concentrandosi su misure concrete e alla portata di una PMI. Ecco alcuni passi semplici per avviare questo percorso di sicurezza:

  1. Mappa ciò che devi proteggere: prima di tutto identifica i dati sensibili, i servizi critici e le risorse chiave della tua impresa. Ad esempio, l’archivio clienti, i documenti finanziari, i server con dati di produzione. Fai un elenco di chi normalmente deve accedere a queste risorse. Questo inventario iniziale ti aiuterà a definire dove applicare controlli più rigidi.
  2. Rafforza l’autenticazione: abilita l’autenticazione a più fattori (MFA) sugli account aziendali più importanti (email, VPN, accesso ai server, ecc.). L’MFA aggiunge un livello di sicurezza chiedendo, ad esempio, un codice sullo smartphone oltre alla password. Così, anche se una password viene rubata, gli estranei non potranno entrare. È uno dei passi più efficaci e con impatto immediato per avvicinarsi al Zero Trust.
  3. Applica il principio del “minimo privilegio”: rivedi le attuali autorizzazioni degli utenti e assicurati che ognuno abbia accesso solo a ciò che gli serve davvero. Ad esempio, non tutti devono poter vedere i dati contabili o le cartelle riservate: limita questi permessi ai soli incaricati. Meno persone hanno accesso indiscriminato a tutto, minori saranno le opportunità per un attaccante in caso di compromissione di un account.
  4. Segmenta la tua rete: valuta con il tuo reparto IT (o consulente informatico) di dividere la rete aziendale in segmenti. Ad esempio, puoi separare la rete degli ospiti o dei dispositivi personali dalla rete interna aziendale, oppure isolare i server più delicati su subnet dedicate con regole di accesso rigorose. In questo modo aumenti il controllo: se succede qualcosa di strano su un segmento, non coinvolgerà gli altri.
  5. Monitora e aggiorna continuamente: implementa soluzioni (anche semplici, come i log degli accessi o notifiche di login anomali) per monitorare l’attività sui sistemi critici. Stabilisci procedure per revisionare periodicamente gli accessi concessi e gli eventi di sicurezza: ad esempio, controlli mensili dei log o sistemi di alert via email se accade qualcosa di insolito (come un accesso notturno da un paese estero). Il monitoraggio costante ti permette di reagire prontamente e di adattare le difese man mano che emergono nuove minacce.

È importante ricordare che l’adozione di Zero Trust è un percorso continuo: non esiste un traguardo finale dopo il quale non bisogna più preoccuparsi. La sicurezza va integrata nella cultura aziendale, formando i dipendenti sulle nuove prassi (come l’uso corretto dell’MFA e l’attenzione ai tentativi di phishing) e aggiornando regolarmente tecnologie e politiche.

Conclusione

Il modello Zero Trust rappresenta un cambiamento di mentalità nella sicurezza informatica aziendale: dall’idea di un perimetro da proteggere, si passa a un’attenzione capillare su ogni accesso e ogni risorsa. Per le PMI questo approccio può sembrare complesso inizialmente, ma i vantaggi in termini di riduzione dei rischi e protezione del business sono concreti. Con una strategia graduale – iniziando da misure pratiche come l’MFA e la revisione dei permessi – anche una piccola impresa può costruire fondamenta di sicurezza molto più solide. Adottare Zero Trust significa proteggere oggi la crescita di domani: un investimento in tranquillità operativa e fiducia, per concentrarsi sul proprio core business sapendo di aver ridotto al minimo le vulnerabilità digitali.

e la tua impresa non dispone di un reparto IT interno strutturato, può essere utile coinvolgere degli specialisti di cybersicurezza. Ad esempio, CYBERTO – specializzata in sicurezza informatica per le PMI – può supportarti nell’implementare un approccio Zero Trust efficace, affiancandoti nella configurazione dei sistemi e nella formazione del personale. In ogni caso, anche una piccola azienda può iniziare subito a migliorare la propria sicurezza seguendo i principi Zero Trust: basta procedere un passo alla volta, dando priorità alle aree più critiche.

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